Il forte attaccante norvegese, appena passato dal Borussia Dortmund al Manchester City, segue le tracce di suo padre, che negli anni 90, vestì proprio la maglietta dei Citizen. A detta dello stesso giocatore, il trasferimento presso la corte dello sceicco è un vero e proprio sogno che si realizza, perché, sempre a detta sua, quello di giocare lì è sempre stato un sogno del ragazzo.

Sicuramente, l’arrivo di un vero centravanti alla corte di Guardiola, rende la già forte squadra di Manchester ancor più competitiva, staremo a vedere se l’adattamento dell’attacccante sarà facile o no, penso ad esempio a Ibra quando si trasferì al Barcellona, infatti, non sempre, grandi centravanti hanno avuto il successo che si aspettavano dirigenza e tifosi sotto la guida del tecnico catalano. Senz’altro il giovane norvegese, ha tutte le carte in regola per sfondare in un campionato bello vivace e dinamico oltre che fisico, come quello inglese, fornendo a Guardiola una valida alternativa nell’unico reparto scoperto della faraonica formazione di Manchester.
Ma andiamo indietro col tempo: come detto in apertura, il papà di Haaland era un centrocampista forte fisicamente e dotato di una buona tecnica, anche se, la vera caratteristica preponderante del giocatore era l’agonismo, che in quegli anni era una dote necessaria per ogni mediano della Premier League. Il City di allora, era un lontano parente della corazzata che negli ultimi anni, ha dominato la Premier League, pochi soldi poche idee ed un campionato che non era ancora a livello di quello attuale.
I Citizen, Si trovarono addirittura a retrocedere in serie B inglese, esattamente nella stagione 2000/2001, e lo stesso anno arrivò in città proprio Il papà di Herling, Alf-Inge Haaland, che rimase con gli “Sky Blue” per tre stagioni. Ora, sarebbe interessante chiedere ad Haaland, Se avrebbe firmato con il Manchester City anche in una situazione delicata come quella che fu allora, per suo padre e tutti i componenti della squadra, ma questa è un’altra storia. L’aneddoto che non tutti sanno, risale al settembre del 1997, a Leeds, allo stadio Elland Road, all’epoca squadra dove militava appunto il vecchio Haaland.
Durante un contrasto di gioco, presso l’area di rigore dei padroni di casa, il forte centrocampista del Manchester United, Roy Keane, rimane dolorante a terra, ed il vichingo norvegese ebbe la brillante idea, di andargli “sul muso” accusandolo di essere un simulatore, ed invitandolo a rialzarsi senza simulare un’infortunio, che poi si sarebbe dimostrato essere molto più grave di quanto Haaland non pensasse. Per tutta la partita i due hanno dato vita ad un duello rusticano, ma il destino volle, che si incontrassero di nuovo soltanto quattro anni dopo (in realtà c’erano state altre occasioni di rivalsa, ma il caso ed il buon senso prevalsero, anche se in alcuni casi o uno o l’altro non erano nemmeno in campo nei confronti tra le due rispettive squadre).
Ormai, il capitano dello United era una leggenda del calcio d’oltremanica mentre il rivale norvegese, era approdato l’anno prima sull’altra sponda di Manchester. Carriere diversi calciatori diversi, legati però da quell’appuntamento che avrebbe cambiato letteralmente la carriera di uno dei due. Nell’aprile del 2001, in un derby, Roy Keane compì un intervento di una violenza incredibile ai danni del collega norvegese, per poi fare quello che gli fu a sua volta fatto quattro anni prima: gli intimò di alzarsi e di non simulare un infortunio, ma come in quel caso ormai la frittata era fatta.

Il calciatore norvegese infatti chiuse la sua carriera praticamente quel giorno, per appendere definitivamente le scarpette al chiodo un anno dopo, con pochissime presenze dopo quel takle sul ginocchio, ricevuto dall’irlandese. Nel suo libro il capitano dello United, spiego perché l’aveva fatto, e la motivazione è la più semplice di tutte: vendetta, semplicemente per vendetta, ma non per il fallo subito, ma per l’accusa ricevuta in un momento di foga agonistica del norvegese, che lo accusò come detto prima, di essere un simulatore, intimandogli di rialzarsi subito. Il parapiglia mediatico scatenato da questo evento, portò a 5 turni di squalifica per Roy Keane oltre che una bella multa da 200.000 £.
Vi riporto le esatte parole dello stesso calciatore irlandese durante un’intervista anni dopo, “Ripensandoci ora, sono deluso dagli altri calciatori del Manchester City. Non sono entrati per difendere il loro compagno di squadra punto so che se qualcuno lo avesse fatto un giocatore dello United io sarei stato lì a difenderlo. Probabilmente, anche loro pensavano che io fossi un coglione.” questo per darvi l’idea di un agonismo viscerale, che ha reso Keane un vero e proprio cattivo, in una storia di vendetta degna dei migliori gangster movie del cinema.
Qui sotto potete trovare le immagini dell’intervento, per comprendere meglio questa piccola storia che magari, non tutti conoscevano.
Grazie per leggere i nostri racconti.